Obscuritas

La Regia Aeronautica

« Older   Newer »
  Share  
icon4  view post Posted on 4/7/2012, 10:22
Avatar

Group:
3
Posts:
2,777
Location:
italy

Status:


Se le partecipazioni belliche avevano confermato il ruolo determinante ormai assunto in un conflitto moderno dall’aviazione sia in campo tattico, sia in quello strategico, e si erano rivelate come esperienze estremamente significative di impiego militare del mezzo aereo, esito altrettanto positivo esse non hanno per il nostro Paese sul piano più strettamente politico.
A parte, ma non è poco, il logoramento praticamente senza soste a cui venivano sottoposte le nostre Forze Armate e lo svuotamento delle casse dello Stato per le ingenti e sproporzionate risorse che queste campagne avevano assorbito, sottraendole a quello che avrebbe dovuto essere un normale e più realistico potenziamento, tali esperienze ingenerano l’illusione di una potenza militare certamente superiore alla realtà e alle possibilità della Nazione, come gli eventi della II Guerra Mondiale avrebbero presto messo impietosamente a nudo.

Storia_09_002

Nell’ estate 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, sugli 84 primati riconosciuti dalla Federazione Aeronautica Internazionale l’Italia ne detiene ben 33, contro i 15 della Germania, 12 della Francia, 11 degli Stati Uniti, 7 dell’Unione Sovietica, 3 del Giappone, 2 dell’Inghilterra e l’unico della Cecoslovacchia. Le crociere, i raid, i primati, i due impegni bellici consecutivi avevano prodotto effetti considerevoli, sia sul piano interno che all’estero, in termini di prestigio e di crescita tecnico-organizzativa, ma avevano anche evidenziato limiti colti solo in parte ed ai quali in parte ancora minore si era posto rimedio. I limiti di sviluppo di cui soffrono nel loro complesso le Forze Armate italiane tra le due Guerre Mondiali non sono, fino ad un certo punto, un nostro fatto esclusivo. Mentre però negli altri Paesi gli anni 1935-36 segnano, a fronte del profilarsi sempre più evidente del riarmo tedesco, la svolta decisiva per colmare i ritardi accumulati grazie a stanziamenti per la Difesa di eccezionale portata, in Italia nello stesso periodo le risorse vengono invece assorbite da una politica di potenza a breve respiro che trova in Etiopia e in Spagna le manifestazioni più rilevanti.
A questo si aggiunga che l’assetto di vertice dell’organizzazione militare – con Mussolini ministro dei tre dicasteri per gran parte del ventennio fascista e con l’Esercito ininterrottamente detentore del Capo di Stato Maggiore Generale – non permise mai di giungere ad una mentalità interforze, anche per non dover affrontare i costi politici di una riorganizzazione complessiva. La situazione gravò in particolare sulla Regia Aeronautica, la più giovane e la più piccola delle tre Forze Armate, che al Comando Supremo non fu mai rappresentata ad un livello superiore a colonnello.
Su questi elementi di debolezza e sul peso reale che essi ebbero, continuano a mancare studi adeguati e momenti di serio approfondimento critico, essendo tutto per lo più limitato alla ricostruzione di singoli avvenimenti che, presi anche nel loro insieme, sono però staccati da quel più ampio quadro di riferimento indispensabile per collegarli e interpretarli correttamente. In tal modo tutto finisce quindi per trovare la sua ragione d’essere nella generica individuazione di responsabilità, di volta in volta attribuite all’incapacità della classe politica o all’inettitudine di quella militare, allo strapotere del nemico o addirittura all’accanirsi di un destino avverso. Anche se è rilevante il pericolo di cadere in schematizzazioni e generalizzazioni approssimative – un pericolo peraltro altrettanto facile quanto quello di affastellare acriticamente tutto il passato in quanto tale nell’esaltazione agiografica e indiscriminata della “tradizione” – non è però possibile non accennare, se non vogliamo fermarci ai singoli episodi o alle vicende puramente politiche, a quegli elementi che pesavano in negativo sul nostro Paese alla fine degli anni Trenta: l’arretratezza tecnologica dell’industria nazionale, ad esempio, o la relativa capacità di mobilitazione da essa messa in atto, la mancanza di materie prime o, per converso, quella di una chiara dottrina militare, o ancora l’incapacità del regime di comporre con coerenza la sua volontà di perseguire un certo tipo di politica insieme con l’ovvia necessità di indirizzare a questo fine risorse ben più ampie di quanto avvenne. Si pensi, tanto per avere un più concreto riscontro, che l’Italia liberale aveva destinato a spese belliche, nel periodo 1913-19, il 76% delle uscite statali e il 38% del reddito nazionale lordo, contro il 20% e il 6% rispettivamente del periodo 1939-40.
Ma torniamo agli avvenimenti. Dopo un breve periodo di neutralità, dunque, il 10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra a fianco dell’alleato tedesco. Al momento della dichiarazione la Regia Aeronautica è ancora in fase di riorganizzazione. L’attività svolta negli anni precedenti, se da una parte era servita ad aumentare l’esperienza professionale dei suoi piloti e tecnici, dall’altra aveva provocato il logoramento e del personale e, soprattutto, del materiale di volo, peraltro depauperato dalle consistenti esportazioni imposte da ragioni valutarie.
Complessivamente la Forza Armata poteva contare su 23 stormi da bombardamento terrestre armati con velivoli Br-20, Cant Z-1007, S-79 e S-81; 2 da bombardamento marittimo su Cant Z-506; 6 stormi da caccia terrestre montati su CR-42, G-50, MC-200 e CR-32; 1 stormo assalto su Ca-310; 2 gruppi da combattimento su Ba-88; una squadriglia da caccia marittima su Ro-43 e 44; 37 unità da osservazione aerea su Ca-311 e Ro-37 per l’Esercito e 19 da ricognizione su Cant Z-501 per la Marina; 2 gruppi dell’aviazione coloniale e 2 squadriglie dell’aviazione sahariana su Ca-309.

Storia_09_001

Un totale di 1332 velivoli da bombardamento, 1160 da caccia, combattimento e assalto, 497 per l’Esercito e 307 per la Marina, sparsi tra il territorio metropolitano, l’Albania, la Libia e le isole dell’Egeo. Gli aerei da trasporto, di ben 15 tipi diversi, sono 114 di cui 25 in Africa orientale, dove sono presenti anche 323 aerei da bombardamento, caccia e ricognizione.
L’Italia, insomma, dispone di oltre 3000 velivoli, ma di questi soltanto 1796 efficienti e di pronto impiego e per di più sparsi in uno scacchiere vastissimo, praticamente dalle Alpi all’Equatore. Gli aerei più moderni sono, tra i bombardieri, gli S-79, i Br-20 e i Cant Z-506, e, per la caccia, i G-50, gli MC-200 e i CR-42, tutti già operanti nella Guerra di Spagna ad eccezione degli ultimi due. Soltanto la caccia dispone di una certa aliquota di apparecchi di costruzione metallica, mentre quelli da bombardamento e da ricognizione sono a struttura mista o addirittura interamente in legno. Ma anche alcuni velivoli che le valutazioni nazionali danno per moderni hanno caratteristiche di volo e di armamento nettamente inferiori a quelle degli apparecchi tedeschi o britannici delle corrispondenti specialità. Un divario che molto spesso sarà riequilibrato solo dal coraggio e dalle capacità dei nostri equipaggi.
Con queste forze – che durante trentanove mesi di durissima guerra verranno rifornite di oltre 11.500 macchine delle varie specialità, purtroppo insufficienti a colmare le perdite o a sostituire gli aerei sorpassati tecnicamente – la Regia Aeronautica entra in campo ancora una volta per far fronte con valore e tenacia ai compiti che le sono stati assegnati. Le difficoltà si rivelano presto enormi e i risultati condizionati, oltre che dallo scarto tecnologico e dall’insufficienza delle risorse, anche dalle caratteristiche proprie del conflitto, e cioè la vastità dello scacchiere e le distanze dalle fonti di rifornimento, le diversità ambientali e climatiche dei vari teatri operativi, la durata stessa della guerra.
Secondo un copione che sembra ricalcare quello della I Guerra Mondiale, le operazioni hanno inizio il giorno successivo a quello della dichiarazione con voli di ricognizione prima e con un’azione di bombardamento poi. A causa delle cattive condizioni meteorologiche sul fronte francese, infatti, si deve aspettare il giorno 13 per effettuare la prima operazione bellica vera e propria. Sono i Br-20 del 13° Stormo che durante la notte conducono un primo attacco su Tolone, poi ripetuto nella tarda mattinata. A quest’ultima azione partecipano anche i CR-42 del 3° e 53° Stormo che vengono duramente impegnati dai nuovi e ben armati Dewoitine. Dieci giorni dopo, comunque, le operazioni contro la Francia si concludono, in un clima che crede ancora alla guerra lampo, con la firma dell’armistizio: a quel punto le perdite dell’Aeronautica sono di 10 velivoli e 24 uomini.
Contemporaneamente prendono avvio le operazioni in Africa settentrionale dove la Regia Aeronautica sarà duramente impegnata per lunghissimi mesi. Dopo un’avanzata che porta le nostre forze fino a Sidi el Barrani, la prima controffensiva inglese tra la fine del 1940 e i primi mesi dell’anno successivo ci costringe al ripiegamento: già in questa fase la Forza Armata subisce pesanti perdite e un forte logoramento solo in parte compensati dall’arrivo di nuovi mezzi, tra cui lo Junker 87 “Picchiatello”, e del X Corpo aereo tedesco. In tal modo è possibile sferrare un’offensiva che si conclude di fronte a Tobruk, mentre i nostri reparti in terra d’Africa iniziano a ricevere nell’aprile del 1941 i primi aerei veramente competitivo, gli MC.200 in linea fin dall’inizio delle ostilità.
Alla seconda controffensiva degli inglesi nel novembre successivo, comunque, la situazione italiana in fatto di macchine è ancora fortemente carente, tanto da costringere anche all’impiego dei CR-42 come assaltatori con bombe alari da 50 e da 100 chili. Dall’Italia giungono intanto anche i primi MC-202, veloci e manovrieri anche se dotati di un volume di fuoco giudicato ancora insufficiente, il cui contributo non è però tale da risolvere una situazione ormai compromessa. Gli inglesi insistono nell’avanzata, che si esaurisce a Sollum nei primi giorni del 1942 e a farne le spese sono anche i 202.

Storia_09_003

Nel Mediterraneo i nostri bombardieri e aerosiluranti contrastano con successo l’azione della flotta inglese. Il conflitto intanto si allarga sempre più. Alla fine del 1940 hanno inizio le operazioni in Grecia dove i nostri velivoli sono subito impegnati a contrastare e contenere la pressione nemica ed aiutare la difficile resistenza delle truppe italiane. I nostri equipaggi sono sottoposti ad una continua e snervante attività soprattutto per far fronte alla superiorità del nemico. Il 19 aprile 1941 ha inizio l’offensiva italo-tedesca nella quale una Forza aerea di circa 400 velivoli si rivela determinante.
Il 22 ottobre 1940, intanto, due stormi da bombardamento su Br- 20, uno stormo da caccia su CR-42 e G-50 e una squadriglia da ricognizione strategica su Cant Z-1007bis erano stati inviati in Belgio a costituire il Corpo aereo italiano. Lo scopo, dettato più da motivi di prestigio politico che da realistiche esigenze belliche, è quello di partecipare a fianco dei tedeschi all’attacco contro l’Inghilterra. La mancanza di addestramento degli equipaggi al volo strumentale (paradossalmente la Scuola di volo senza visibilità era stata sciolta proprio alla vigilia del conflitto!) e di idonee attrezzature radioelettriche abbreviano questa esperienza, tanto che nei primi giorni del gennaio successivo le nostre unità vengono richiamate e molti piloti inviati direttamente in Africa orientale, dove le nostre Forze aeree conducono da tempo una battaglia a difesa delle nostre colonie, nella quale la distanza dalla madre patria accentua i già gravi problemi della nostra macchina logistica e rende estremamente difficoltosi i rifornimenti. In questo scacchiere vecchi velivoli come i Ca-133 e i CR-32, affiancati da pochi S-79, S-81 e CR-42, cercano di contrastare la superiorità di uomini e mezzi degli inglesi e la loro più efficiente organizzazione, che consente, malgrado il rinforzo di alcuni S-79 e di una cinquantina di CR-42 trasportati in volo con degli S-82, l’occupazione dell’intero territorio. A questo punto tutta l’aviazione italiana in quel settore è distrutta; l’ultimo CR-42 ancora in grado di volare compie alla fine di novembre 1941 l’ultima missione decollando verso Gondar nei cui dintorni viene abbattuto. Rimasto senza aerei, il personale si organizza allora in Reparti azzurri che combattono accanto a quelli dell’Esercito. Un dato documentato che testimonia della capacità dei nostri piloti che con coraggio e valore si erano opposti in maniera durissima alla controffensiva inglese, sono i 140 aerei nemici abbattuti in volo e gli 80 distrutti al suolo.
Malta, nel frattempo, viene incessantemente martellata dalla nostra aviazione in un crescendo di incursioni che alla fine indeboliranno e logoreranno le nostre possibilità offensive. Per nove mesi la flotta inglese non riesce a forzare il blocco aereo e l’isola giunge quasi al collasso, salvandosi dall’occupazione solo per i pesanti impegni imposti alle nostre forze dagli avvenimenti del Nord Africa.
Quando nell’estate del 1941 viene deciso di mandare un Corpo di spedizione italiano in Russia, l’Aeronautica partecipa con due gruppi, forti a più riprese di 51 MC-200, 11 S-82, tre Ca-133 e 32 Ca-312 a cui si aggiungono nel 1942 altri MC-200, e alcuni MC-202 e BR-20. Dopo un ciclo molto duro, durante il quale il nemico peggiore era stato il micidiale inverno russo che aveva praticamente immobilizzato i nostri velivoli almeno fino a quando la proverbiale ingegnosità dei nostri specialisti non era riuscita ad inventare degli efficaci riscaldatori per i motori, nel gennaio del 1943 i reparti vengono richiamati in patria.

la_seconda_mond_1

Nel Mediterraneo la nostra aviazione aveva continuato gli attacchi ai convogli inglesi e in numerose e memorabili battaglie aveva inflitto loro perdite notevoli. Nella battaglia di mezzo giugno si erano salvate solo due navi mercantili.
Dal 12 al 14 agosto si svolge una battaglia aeronavale, poi passata alla storia con il nome di battaglia di mezz’agosto, alla quale partecipano tutti i nostri aerosiluranti disponibili che riescono a colpire il convoglio e la scorta inglesi arrecando loro gravi danni.
Nella prima metà del 1942 in Africa settentrionale le truppe italo-tedesche – conquistata la superiorità aerea grazie al determinante contributo dei 202 del 3° e del 4° Stormo – effettuano una travolgente avanzata fino ad El Alamein che, in un primo momento, sembra volgere a nostro favore le sorti della campagna africana. Questa speranza viene subito vanificata dall’ennesima controffensiva inglese, nella quale gli alleati lanciano tutte le loro risorse.
Ormai il destino della guerra appare segnato e a nulla serve che la nostra industria inizi a produrre macchine finalmente competitive, tanto più che la scarsità di mezzi e di materie prime non consente ancora quella produzione di serie che avrebbe forse fatto sentire il suo peso. Gli ultimi aerei ad entrare in linea sono gli MC-205, i Re-2005 e i G-55, macchine veloci e ben armate che si affiancano ad altre come il Re-2002, il P-108 o il Cant Z-1018 di più recente realizzazione.
Le ultime battute contro l’ormai schiacciante superiorità dell’aviazione alleata, la nostra Aeronautica le gioca nei cieli della Tunisia prima e dell’Italia poi dopo lo sbarco alleato in Sicilia: anche in queste fasi i nostri reparti, pur nella ormai generale certezza di quello che sarà l’esito finale della guerra, si sacrificano in un’estrema quanto inutile resistenza, con un ardimento che riceverà anche il riconoscimento dello stesso nemico.
 
Web  Top
0 replies since 4/7/2012, 10:22   305 views
  Share